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Laos

LAOS - TREKKING A NONG KHIAW

di Fabrizio Paravisi - Ultimo aggiornamento: 2019-01-13

Introduzione

Nong Khiaw è un piccolo villaggio distante 140km a nord di Luang Prabang, non rientra fra le più famose mete turistiche del Laos, anche perchè non possiede grandi attrazioni turistiche. In realtà alcune cose da vedere ci sono e vale la pena fermarsi. Intendiamoci, non mi sognerei mai di dire pubblicamente che "è un luogo stupendo" e mi guarderei bene dal consigliarlo, soprattutto se non so che tipo di viaggiatore ho davanti. Ci vuole spirito d'avventura, adattamento e una buona dose di pazienza. Ho trascorso a Nong Khiaw una giornata (e una notte) indimenticabili, più avanti nel diario ho raccontato la mia esperienza.
Se amate l'avventura e vi piace fare trekking, allora è il posto che fa per voi: la vista dal monte Phadeng è epica.

Viaggio effettuato a Giugno 2017

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Come arrivare

Nong Khiaw si raggiunge in auto/minivan da Luang Prabang, il viaggio dura circa 2h30/3h. Ho prenotato il minivan in una delle agenzie che si trovano sulla Sisavangvong Road, in centro a Luang Prabang. Il costo del biglietto è stato di 70.000 Kip (con ritiro in hotel), partenza ore 9:00; la corsa finisce alla stazione degli autobus appena fuori Nong Khiaw, potete proseguire a piedi (15 minuti) oppure pagare un tuctuc.

Nong Khiaw Luang Prabang

A Luang Prabang, in attesa di partire per Nong Khiaw

Dove dormire

Ci sono diverse strutture ricettive a Nong Khiaw, la maggior parte si trovano al di là del ponte in direzione EST. Il mio consiglio è di non prenotare nulla in anticipo ma di cercare una guesthouse in loco, si risparmia molto ed è possibile vedere di persona la stanza. Ho dormito alla Nong Khiaw View Guesthouse, si trova sulla destra prima di attraversare il ponte, ho pagato 50.000 kip per una matrimoniale con bagno privato. La camera era pulita e spaziosa ma durante la notte il letto brulicava di blatte!

Consigli e info

ViewPoint sul Phadeng

Se decidete di fermarvi a Nong Khiaw non potete perdervi l'escursione al viewpoint sul monte Phadeng. La vista dalla cima è davvero epica e spazia a 360° su tutto il territorio circostante.
La partenza del sentiero si trova nella zona EST del paese, attraversato il ponte si prosegue per circa 200 metri finché si incontra l'indicazione "Viewpoint" sulla sinistra. C'è un banchetto dove è necessario acquistare il biglietto di salita (10.000 kip). I momenti migliori sono l'alba e il tramonto: nel primo caso è possibile ammirare la nebbia che copre il paese, mentre il crepuscolo regala colori indimenticabili. Io sono salito nel tardo pomeriggio per attendere il calare del sole, la luce è perfetta per scattare fotografie.

Alcuni consigli sul trekking:

  • Scarpe comode: non sono obbligatori gli scarponcini da trekking, ma quantomeno usate delle scarpe comode e chiuse. Da evitare assolutamente infradito e sandali.
  • Acqua: portatevi dell'acqua da bere, almeno due litri se salite nel periodo più caldo (es. come me a giugno).
  • Torcia: se salite per il tramonto portate con voi una torcia o almeno il cellulare (con funzione torcia) per illuminare il sentiero. Consigliato anche un powerbank per ricaricare il cellulare, io uso questo.
  • Pantaloni: io consiglio pantaloni lunghi da trekking onde evitare punture di insetti, datevi anche una spruzzata di repellente prima di partire.
  • Repellente per insetti: in questo articolo ho inserito alcune informazioni a riguardo.
  • Mappa: è praticamente impossibile sbagliare sentiero, comunque installate l'applicazione MAPS.ME sullo smartphone che permette di avere le mappe offline.

Giro ai villaggi vicini

Altra attività interessante è visitare i piccoli villaggi adiacenti a Nong Khiaw. I più caratteristici si incontrano imboccando la strada sterrata che costeggia il fiume, superato il ponte si svolta a sinistra nei pressi dell'ATM BCEL e si prosegue per circa 4km, fino al primo villaggio Ban Had Sao.
Si possono raggiungere a piedi oppure noleggiando uno scooter, prestando molta attenzione alla guida. In paese ci sono dei moto noleggi ma non irpirano molta fiducia, soprattutto per la qualità dei mezzi.

Da Luang Prabang a Nong Khiaw

Sono le 8 e la sveglia del cellulare mi ricorda che è il momento di alzarmi. Alle 8.30 dovrebbe passare qualcuno a prendermi per partire in direzione Nong Khiaw, almeno così mi hanno detto all'agenzia dove ho prenotato il biglietto del minivan.
Mi lavo, preparo lo zaino e mi siedo sulle scalinate della reception in attesa del passaggio. Fuori fa già un caldo pazzesco e l'umidità è talmente alta da inzuppare i vestiti.
Alcuni minuti più tardi arriva un pulmino/pickup da 10 posti con alcuni turisti a bordo e relativi bagagli sul tetto. Passo lo zaino al conducente che frettolosamente "lo pressa" fra gli altri: nella mia mente lo immagino già a rotoloni per strada pochi istanti dopo la partenza. Salgo all'interno e saluto gli altri viaggiatori, tutti ragazzi giovani, alcuni solitari altri in coppia con amici o fidanzati.
Il mezzo effettua un paio di ulteriori tappe per caricare passeggeri e si ferma alla stazione degli autobus appena fuori città: è necessario convertire il foglio rilasciato dall'agenzia con il biglietto vero e proprio.
L'autista sistema a modo i bagagli sul tetto e li copre con un telo impermeabile. Sospiro di sollievo, i miei timori sono svaniti!
Dopo mezz'ora di attesa lasciamo la stazione e imbocchiamo la strada principale, in giro c'è parecchio traffico a causa dei numerosi motorini che sfrecciano all'impazzata. La strada è asfaltata ma non mancano buche e tratti di sterrato che fanno sobbalzare il veicolo... ma soprattutto noi passeggeri. Io sono sui sedili posteriori e ad ogni scossone picchio la testa contro il tettuccio.

Nong Khiaw Luang Prabang

Maglietta perfetta per il viaggio

Lontano dalla città il traffico diminuisce drasticamente e si incontrano pochi mezzi, la strada costeggia il fiume Nam Ou e attraversa alcuni piccoli centri abitati. All'improvviso la nostra attenzione si concentra sull'immenso cantiere che sorge nel letto del fiume, dove uomini e mezzi sono impiegati nella costruzione di una diga. Tutt'intorno ci sono scritte con ideogrammi cinesi a caratteri cubitali e il paesaggio è stato a dir poco stuprato.
La Cina negli ultimi anni ha costruito sette impianti idroelettrici di grandi dimensioni nell'alto Mekong e, sebbene i piani dettagliati rimangano segreti, altri ventuno sono in programmazione.
Ci fermiamo in una piccola stazione di autobus dispersa nel nulla, dopo un viaggio di circa 2 ore e 30 minuti. E adesso? Con il cellulare controllo la mappa e capisco che siamo a breve distanza dal centro abitato di Nong Khiaw. Compro una bottiglia d'acqua al chiosco e inizio a camminare.
Mi fa compagnia una ragazza argentina di nome Florencia, che sta girando per l'Asia da sola. Ha un grosso zaino in spalla con appeso un ukulele che fa molto figlio dei fiori. Quando le dico di essere italiano rimane stupita perchè a suo dire si vedono raramente italiani in giro da soli. Mi fermo alla guesthouse che c'è all'inizio del ponte, mentre lei decide di proseguire sulla sponda opposta. Da quel momento non l'ho più vista. Questa è una delle cose che più mi piacciono in un viaggio: condividere un tratto del percorso con qualcuno che poi magari non vedrò mai più. In quel breve periodo di tempo si è in perfetta sintonia, forse perchè si sta condividendo la medesima avventura e la mente è sgombra da qualsiasi altro pensiero. Si parla di viaggi, si scambiano consigli e informazioni sull'attuale percorso, ma si parla anche della vita in generale. Alcune volte sono rimasto in contatto con persone incontrate in viaggio, altre volte no. Ma non perchè mi fossero antipatici o altro, semplicemente in quel momento non c'era il bisogno di scambiarsi i contatti. O forse non ci abbiamo nemmeno pensato. Ma va bene così, non c'è mai un senso di tristezza o rimorso. E' il bello del viaggiare, almeno per me.

  • La via principale di Nong Khiaw

  • La via principale di Nong Khiaw

  • La via principale di Nong Khiaw

Ad accogliermi alla "Nong Khiaw View Guesthouse" c'è un ragazzo giovane che parla inglese, mi mostra la camera e definiamo il prezzo: 50.000 kip (circa 5€). E' l'ultima stanza in fondo al porticato al piano terra dell'edificio, sembra tutto sommato pulita e spaziosa; c'è una bella vista sul fiume, il bagno privato e un ventilatore al soffitto.
Abbandono lo zaino ed esco a mangiare al ristorante di fianco alla guesthouse, gestito sempre dalla stessa famiglia. A prima vista non sembra gran che, ma la voglia di mettermi in cammino sotto il sole di mezzogiorno è pari a Zero. Mi siedo quindi al tavolo e leggo il menu: i piatti sono semplici e la scelta ricade sui noodles fritti con pollo. Nell'attesa mi guardo intorno e osservo la famiglia impegnata nelle attività quotidiane, anche se a prima vista sembra che tutti stiano oziando allegramente. Anche a una seconda vista in realtà!
L'unica persona impegnata è la sorella del ragazzo che mi ha accolto, credo abbia circa trentanni e sta cucinando il mio piatto con una passione e un'allegria da funerale. Chissà che squisitezza ne verrà fuori! Il marito della sorella è un uomo sulla cinquantina e cammina a torso nudo per il locale, mangiando qualcosa di tanto in tanto. Prende una pallina di riso glutinoso, la schiaccia con le dita e ci mette all'interno un pezzo di qualcosa, forse carne oppure verdura. I due figli della coppia mi guardano incuriositi sorridendo mentre mangiano le patatine da un sacchetto. Il ragazzo che mi ha accolto sta porzionando una salsa piccante in tanti sacchettini di plastica, mentre la madre mangia delle verdure cotte con il riso. Tutto rigorosamente con le mani.
Il loro stile di vita è tranquillo ed estremamente rilassato, hanno tanto tempo da dedicare a loro stessi e alle faccende di casa. Per questo li invidio molto.
Il ristorante è all'aperto, riparato da una tettoia, ci sono diverse panche disposte per lungo simili a quelle delle feste di paese. Io sono l'unico cliente e molto probabilmente la maggior parte dei turisti prosegue oltre il ponte, dove ci sono diverse strutture ricettive e ristobar.
Il ragazzo mi consegna il piatto e un contenitore in bambù con all'interno del riso. Fortunatamente sono di bocca buona, in questo caso anche particolarmente affamato, quindi non faccio molto caso alla qualità del piatto e lo ingurgito velocemente. Rimango a guardare le poche persone che passano sulla strada e poi torno in camera a farmi una doccia, si suda anche a stare fermi, figuriamoci a mangiare un piatto di noodles caldi.
Decido di fare un giro per il paese a cercare il molo, devo controllare gli orari della barca per domani. In giro non c'è praticamente nessuno, il paese è di per sé piccolo e inoltre il caldo non invoglia a stare all'aperto. La banchina si trova vicino alla guesthouse, a pochi metri di distanza dal ponte che attraversa il fiume. Ci sono alcune case piuttosto diroccate tra le quali anche la biglietteria, dove quattro uomini riposano all'ombra della tettoia e discutono pacatamente. Chiedo informazioni ad un ragazzo, credo il bigliettaio, mi risponde dicendo che la barca per Muang Ngoy/Muang Khua parte tutte le mattine alle 11 ed il biglietto si può acquistare la mattina stessa.
Di fronte alla biglietteria c'è una palafitta/gazebo con scritto "Tourist Information" dove altre persone stanno aspettando la prossima corsa.

  • La zona del molo, in basso la scaletta che scende al fiume, mentre sulla destra il Tourist Information

  • Lo spiazzo al molo

  • Lo spiazzo al molo

  • Biglietteria

  • Biglietteria

  • La base della palafitta che ospita il bar

  • Il bar

  • Sotto le palafitte si mette di tutto

  • Lavandino laotiano

  • Le barche al molo

Mi fermo a bere una bibita nel piccolo bar in cima alla scalinata che porta al fiume. Rimango seduto a guardare cosa succede all'arrivo della barca e osservo il comportamento delle persone. Alcune donne in fila indiana caricano a bordo merce di ogni genere, c'è persino un motorino! E non sto parlando di una grossa barca, ma di una zattera larga poco piu di un metro e lunga cinque! Ho notato che ci sono alcune barche "cargo" e altre adibite al trasporto di persone, che comunque vengono riempite a dovere per sfruttare il viaggio. Scatto qualche fotografia e ripercorro i miei passi fino alla guesthouse, il prossimo obiettivo è percorrere il sentiero per il monte Phadeng ed arrivare in cima per vedere il tramonto.

  • I bambini si divertono tuffandosi nel fiume

  • Barche ormeggiate al molo

  • Il monte Phadeng prossima meta

Trekking al ViewPoint sul monte Phadeng

Poco prima della 16 attraverso il ponte e mi dirigo nella zona est del paese, dove ci sono molte strutture ricettive e alcuni ristoranti. Abbandono la strada asfaltata e svolto a sinistra all'indicazione "Great Panorama View", dove è necessario pagare per poter proseguire il sentiero (10.000 kip). Un altro cartello ricorda che questa è la zona più bombardata del Laos e ci sono ancora numerosi ordigni inesplosi, è quindi sconsigliato abbandonare la traccia.
Il sentiero sale ripidamente in mezzo alla fitta vegetazione e riesco solo a intravedere alcune piante da frutto: ananas, leeches, banani. Il caldo e l'umidità sono pazzeschi, sono partito da poco e ho già bevuto metà della bottiglia da due litri che ho con me. Sono abituato a camminare e fare parecchio dislivello, ma queste condizioni mettono a dura prova anche l'atleta più preparato, infatti sono costretto a fermarmi più volte per riprendere fiato.
Non c'è alcuna indicazione ma è pressoché impossibile perdersi perchè è l'unico sentiero, però è consigliabile portare una torcia (o almeno il cellulare) per illuminare il percorso durante la discesa al buio.

  • Barbecue in strada, quasi quasi mi fermo...

  • La strada che conduce al viewpoint

  • Due bimbe giocano all'inizio del sentiero

  • Ananas

  • Banane

  • Si parte!

  • Le bimbe che giocano all'ultima casa prima di salire

  • Il ripido tratto finale

Dopo un'ora di cammino raggiungo la cima del monte Phadeng, dove è stato costruito un gazebo in legno da cui si gode una splendida vista a 360° sul territorio circostante. Sono l'unica persona sulla vetta, non ho incontrato nessuno nemmeno durante la salita e per una buona mezz'ora ho l'impressione di essere l'unico pazzo ad essere salito qui sopra. Non è così. Vedo sbucare dal sentiero altre due persone, un ragazzo occidentale e una ragazza asiatica: lui è italiano e la sua ragazza invece è thailandese. Più tardi ci raggiungono altri quattro turisti: una ragazza australiana, una coppia francese e un altro ragazzo italiano. Ognuno rimane a guardare il tramonto immerso nei propri pensieri, chi seduto su una roccia, chi sulla panca di legno del gazebo e chi in piedi facendosi selfie per immortalare il momento. Anche io mi rilasso guardando il sole che scende e nel mentre scatto fotografie a raffica, la scena è davvero epica.
Imbocco la via del ritorno prima che faccia completamente buio, non ho una torcia frontale e quindi preferisco allungare il passo. All'interno della foresta la luminosità è comunque limitata e in pratica è come se fosse già notte! Ho un attimo di indecisione a una sorta di bivio che incontro sul sentiero, ma poi trovo la via corretta e raggiungo il paese senza problemi in meno di quaranta minuti.
La strada principale è illuminata dalle luci dei ristoranti che la fiancheggiano, non ci sono lampioni e le auto passano molto di rado. I locali sono quasi tutti vuoti, intravedo qualche turista che consuma la cena. Anche in giro non c'è praticamente nessuno, incrocio solo un gruppo di ragazzi del posto che si divertono correndo sul ponte.

  • In vetta!

  • Il gazebo sulla cima

  • E' molto accogliente

  • Con tanto di panca e amaca per rilassarsi

  • La vista sulla valle in direzione Muang Ngoy

  • Il tramonto regala una vista indimenticabile

  • La ragazza australiana

  • L'italiano e la thailandese

  • La francese

  • La vista è unica

  • Io, autoscatto appena arrivato in vetta

  • I profili delle montagne

  • Il sole piano piano scende

  • Nong Khiaw dall'alto

  • Altri scatti

Mi precipito in camera a fare una doccia e subito dopo esco alla ricerca di un posto dove mangiare. Attraverso il ponte e mi fermo al primo ristorante che c'è sulla destra, mi siedo al tavolo e come di consueto ammazzo il tempo osservando le persone che mi circondano. Alla mia sinistra due locals guardano un documentario alla tv, sono stravaccati sulle loro sedie di legno poggiando i piedi su una panca. Di fronte a me un giovane turista cerca disperatamente una presa dove collegare il cellulare, dopo alcuni minuti il proprietario lo raggiunge con un sacchetto di plastica, mette il cellulare dentro e lo appende vicino alla presa di corrente posta a un paio di metri dal terreno. Infine lontano sulla destra, nella terrazza esterna, c'è una coppia di turisti impegnata a consumare la cena.
Ordino un piatto di noodles con carne, involtini primavera e una bottiglia di birra, rigorosamente Beerlao. La cena arriva dopo venti minuti e, nonostante sia una delle peggiori consumate qui in Laos, divoro tutto in tempo zero.
Torno in guesthouse con l'idea di andare a dormire ma più che un'idea è proprio una necessità viste le fatiche di oggi. La stanza sembra una sauna, tanto che il ventilatore al soffitto ha lo stesso effetto dei cucchiai d'acqua gettati sulle pietre roventi. Inutile dire che prendere sonno è un'impresa e mi ritrovo a viaggiare con la mente fra mille pensieri, finché nel cuore della notte vengo distratto da un rumore all'esterno.
Guardo dalla finestra e noto il ragazzo della camera accanto fuori dalla sua porta, è lo stesso ragazzo che c'era al ristorante ieri sera. Avrà anche lui problemi a dormire, penso. Comincia a fare avanti e indietro lungo tutto il porticato con lo sguardo dritto immobile rivolto davanti a sé e con un sorriso trentadue denti stampato in faccia. Continua la sua marcia per mezz'ora e poi ritorna in camera. Probabilmente era felice della cena consumata al ristorante, oppure un sonnambulo, oppure un felice consumatore di oppio. Più probabile la terza opzione. In compenso mi ha rallegrato la nottata!
Mi stendo sul letto e riprendo a viaggiare con la mente, finché con la mano destra noto una protuberanza sul lenzuolo: "sarà un laccio dello zaino fotografico". Nel buio provo a sollevarlo e sento un rumore simile allo strappo di un velcro... panico! Salto in piedi a velocità ipersonica e mi precipito ad accendere la luce: un millepiedi gigante di 20cm color nero! Brivido lunga tutta la spina dorsale, dalle chiappe fino al collo!
Lo lancio nel cestino aiutandomi con la prima cosa che mi capita sottomano: la mia maglietta, che finisce a sua volta nel cestino. Superato lo shock iniziale mi sdraio di nuovo, sono troppo stanco per pensare ad altro. Non è così. Il destino vuole che questa sia una notte insonne: sento qualcosa che mi cammina sulle mani e poi sulle gambe. Accendo di nuovo la luce e noto delle blatte gigantesche che corrono a rifugiarsi nelle fessure più nascoste del letto. Basta! Non capisco perchè fanno i letti a "cassapanca" dove sotto si nasconde di tutto, non oso immaginare quale altra creatura ci sia là sotto!. Un letto stile ferro battuto no?!
Spruzzo in giro lo spray a base di deet sperando serva a qualcosa e tengo con la luce accesa, almeno le blatte se ne staranno al loro posto… spero.

  • In giro per le vie del paese la mattina.

  • La terra è color ocra

  • La via principale asfaltata

  • Una delle vie interne

  • I negozi sulla via principale

  • I negozi sulla via principale

  • I negozi sulla via principale

  • Bimbi che attraversano la strada

Mi sveglio alle sette di mattina con la luce che filtra dalla finestra, chissà se qualche altro insetto mi ha fatto visita durante la notte, anche se fosse è stato più discreto dei suoi predecessori. Che nottata! Indimenticabile! Sono queste occasioni che mi ricordano la frase di Banana Yoshimoto: "Un viaggio, per quanto terribile possa essere, nel ricordo si trasforma in qualcosa di meraviglioso". Se avessi dormito tranquillamente sarebbe stata una notte come tante altre, almeno così me la ricorderò per sempre!
Preparo lo zaino in previsione della partenza per Muang Ngoy e vado a far colazione al ristorante della guesthouse: uovo sbattuto e riso. Prima di scendere al molo faccio un giro per le vie del paese, non c'è molta gente, incrocio solo alcuni ragazzi che vanno a scuola. L'unica strada asfaltata è quella principale, tutte le altre sono sterrate e molto polverose, il terreno è di colore ocra e tinge qualunque cosa entri in contatto con esso: vestiti, scarpe e persino i muri delle case.
Prendo lo zaino alla guesthouse e scendo al fiume, ci sono già diversi locali che attendono le imbarcazioni, mentre i turisti si contano sulle dita di una mano. Dopo aver acquistato il biglietto mi siedo sulle scalinate di cemento che portano al molo, passo il tempo a scattare fotografie e osservare il panorama. In breve tempo una barchetta lunga otto metri e larga uno è pronta per partire: saliamo a bordo e ci ritroviamo seduti con le ginocchia in bocca, stile sardine in scatola. Si parte! Ma questa è un'altra storia…

  • Le donne attendono la barca in fila indiana

  • Gente in attesa al centro informazioni

  • Turisti appena arrivati, spazientito il tipo sul tuctuc

  • Una bimba mi ha intravisto fra le bocce d'acqua e osserva incuriosita

  • I bimbi invece si preparano a tuffarsi

  • Bimba appena uscita dall'acqua

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